mercoledì 21 aprile 2010

In Viaggio con Erodoto

Con i libri di Ryszard Kapuscinski ho avuto un rapporto fatto di ammirate distanze e incontri fugaci come due compagni di letto gelosi del proprio tempo. Per un po' ci siamo annusati, spesso incontrati ma mai presi sul serio, altre volte iniziato una storia poi lasciata morire per disinteresse reciproco. Non stavolta però. Così dopo la sbornia di Ellroy era tempo di staccare la spina e tra un Baricco lì ad ammuffre (un regalo mai restituito) e il giornalista polacco - che mi cercava con lo sguardo dalla mensola - non c'è stata storia. Baricco può continuare a mangiare polvere.
"In viaggio con Erodoto" è una piccola perla. Un romanzo sull'idea di viaggio e sulle scarpe. Sì, perchè non si può far a meno di notare le calzature consunte della copertina e pensare alle immense distanze percorse dallo scrittore-giornalista nella sua vita di inviato.
Tutto comincia nel dopoguerra all'università di Varsavia, lì Kapuscinski si appassiona alla figura di Erodoto e nel suo libro le "Storie" del greco di Alicarnasso diventano il pretesto per raccontare le sue prime esperienze come inviato dall'estero. Come in un episodio di Lost, Kapuscinski mescola flashback e flashforward con la sapienza di chi ha fatto del racconto un'arte. Così per esempio dalla rigidità della Cina maoista si viene catapultati alla sfarzosa corte dei grandi sovrani persiani senza accusare il salto temporale. Erodoto per Kapuscinski è il primo vero cronista della Storia, così come per chi aspira a diventare giornalista Kapuscinski rappresenta l'ideal-tipo del reporter moderno.
Si sorride quando, deciso a diventare corrispondente dall'estero, il neolaureato Ryszard viene spedito in India per il suo primo viaggio fuori dai confini del patto di Varsavia. In meno di una settimana subisce una tempesta di cortocircuiti emozionali che il lettore vive e patisce con lui. L'impatto con i negozi italiani "sempre pieni e con i commessi mai seduti" e poi successivamente con la realtà di Calcutta dove, in quanto Occidentale, veniva considerato alla stregua di una personalità di rilievo e dove la sua ideologia collettivista si scontra con i dettami della società castale lo segnano nel profondo facendolo sentire inadeguato e impacciato come quando nel suo completo grigio comunista passeggia per le vie di Roma. Sono pagine solo all'apparenza di una comicità involontaria perché più a fondo riflettono l'infinita varietà del mondo e mostrano che con uno sforzo di comprensione le culture "altre" non rimangono più universi estranei. Le distanze possono essere colmate, ma bisogna conoscere il proprio vicino e non aver paura di avvicinarsi alle sue tradizioni ed esperienze. Annullare i pregiudizi che ognuno di noi si porta dietro e rimanere obiettivi quando si raccontano ad altri gli eventi che abbiamo vissuto. Questa la lezione di Erodoto che Kapuscinski fa sua. Una regola di vita in apparenza scontata, vero? Ma allora perché suona tanto stonata nella società contemporanea? E non mi riferisco solo al mondo dell'informazione. Sia Erodoto che Kapuscinski si aprono alla realtà circostante con facilità dimostrando un'elasticità mentale che alcuni non riuscirebbero a raggiungere nemmeno in sette vite. Sempre pronti ad accogliere la diversità, non innalzano muri né erigono barriere perché sanno che c'è sempre qualcosa da imparare da ciò che non si conosce. L'ignoto non é più tale e non fa più paura se si guarda con l'occhio del rispetto.
Erodoto e Kapuscinksi due viaggiatori globali di cui si avverte la mancanza nel mondo d'oggi. Condividi