mercoledì 7 ottobre 2009

Sissignore mi dispiace, ho fatto male

Sissignore mi dispiace, ho fatto male!
La camicia è a posto, Il sorriso è quello dei giorni migliori. Un frigorefero da comprare, le scarpe quelle fasciòn, la moto e la squinzia da portare fuori. Cazzo è finita così. Con la mossa Kansas City, guardi da una parte e ti fottono dall'altra. E ti fottono di brutto. Non come i bifolchi latifondisti che ti dicevano: sei una merda e sgobba.
Guarda di là, lo vedi il sogno. Macchine sportive, fighe rifatte e il cellulare che manda i video a mammt. Tu guardi, ci credi, ma hai una sola possibilità per arrivare. Fottere tutti e tutto quello che ti trovi davanti. L'Eden non è per tutti, è per i più furbi. Sì, hai capito bene. Non per i più bravi, che si fottano anche loro. Hanno avuto un dono e noi glielo scippiamo. Devi essere il più furbo...non ci sono compagni lungo la strada.
Il sogno ve lo hanno fatto vedere, anzi ce l'hanno fatto vedere. E ora hanno vinto. Non esistono più i compagni. Non quelli che pensate. I compagni sono quelli che ti accompagnano. In università, a scuola, a lavoro, nello sport. Non esistono, per essere qualcuno, devi essere furbo. Ridi e fotti, fotti e ridi, ridi e fotti: fino a quando non riconoscerai più la differenza tra l'uno e l'altro.
Con le femmine: uguale. Anzi lì ti andrà anche meglio. A ridi e fotti, aggiungici anche menti e via. Usale, scopa come un dannato, e se loro ci stanno sono troie, e se non ci stanno sono stronze. Misura tutto. Ma con la tua unità di misura, l'unica che devi conoscere: te stesso. E vai avanti così tanto la metà di loro è alle prese con la voglia matta di farsi crescere l'uccello e dimostrare che sono più stronze degli uomini, l'altra metà allarga le cosce, e cerca l'uccello che più profuma di contante...
E quelli che vengono fottuti? Sperano di diventare più furbi, di odiare di più tutto quello che non è IO, di prendere loro la prossima occasione...oppure abbassano la testa e dicono: Sissignore, mi dispiace ho fatto male...
La mossa Kansas City. Hanno vinto loro..

Mi venne voglia di spaccargli la mia bottiglia di Becks su quella capoccia da stronzo, e dopo di piantargliela nel suo cervello fottutamente sicuro di sè.
Ma non l'ho fatto. Questi stronzi, è come se per me fossero invisibili e io fossi invisibile per loro. E allora ho capito chiaro, come un'illuminazione: sono questi gli stronzi che dovremmo menare, mica i ragazzi che gli spacchiamo il culo al futbol, mica le passere che gli facciamo la festa, mica nostro papà o nostra mamma, i nostri fratelli e sorelle, mica i vicini, mica i nostri soci. Questi stronzi qua. E invece, noi massacriamo le nostre case che non c'è dentro un cazzo, terrorizziamo la nostra gente. Quest stronzi, invece... a questi stronzi non li vediamo neanche. Neppure quando sono vicini a noi (cit.)
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martedì 6 ottobre 2009

Il déjà-vu del Lodo

«Non possono essere sottoposti a processi penali, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione fino alla cessazione delle medesime, il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato, il Presidente della Camera dei Deputati, il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Corte Costituzionale».

Alt! Non mi risulta. Ce ne sta uno di troppo: non erano le quattro più alte cariche dello stato? Cioè, come funziona? Oggi si riunisce la Corte Costituzionale, per decidere sulla legittimità del Lodo Alfano e fin qui si era sempre parlato delle 4 cariche dello Stato! L’ultimo, il Presidente della Corte, non c’era. Napolitano? Ce l’ho. Fini? Ce l’ho. Berlusconi? C’è. E Schifani fanno quattro.

La figurina di Francesco Amirante, classe ’33, nato all’Ombra del Vesuvio e cresciuto nelle giovanili del diritto prima dell’esordio in prima squadra a Forlì, con esperienze anche a Vicenza e Lagonegro, mi manca e l’album non è completo. Ma soprattutto, se fosse vero, significherebbe che oggi, lo "scugnizzo delle Preture", va a giudicare la legittimità di una legge che lo riguarda. In pratica dopo che Berlusconi ha inventato una cosa che lo riguarda, dopo che Fini e Schifani si sono visti votare in faccia una legge che li riguarda e dopo che Napolitano ha firmato una tutela che lo assisterà fino a fine mandato (casomai fosse lui il prossimo ad investire la moglie Cloe), oggi anche colui chiamato a sapere se quella legge è giusta, è coinvolto direttamente come beneficiario.

Però attenzione... Il tranello c'è... Carta vince, carta perde, e come ogni illusionista si scopre che mentre tutti guardano una mano, l'altra si infila nella tasca.

Quello che sembra proprio il Lodo Alfano, è in realtà un'altra legge, che la nostra memoria corta ci potrebbe aver fatto dimenticare. Sui libri di Diritto Costituzionale la si trova rubricata come Legge 140/2003 (dico duemilaetre) alias Lodo Maccanico/Schifani (dal nome di chi l'ha partorita e poi ripudiata, combinato con quello di chi è riuscito anche a peggiorarla inducendo il primo a sconfessarla addirittura). Purtroppo però, sempre sui libri di Diritto Costituzionale, il Lodo Schifani lo si trova nel capitolo di leggi dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale. E per uno strano caso del destino, quel 20 gennaio 2004 il redattore di quella sentenza, era proprio Francesco Amirante.

Ora, a 76 anni suonati, cosa penserà il funniculì funniculà della Costituzione, quando domani mattina gli chiederanno un parere dopo avergli letto quanto segue?

«...i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualità di Presidente della Repubblica, di Presidente del Senato della Repubblica, di Presidente della Camera dei deputati e di Presidente del Consiglio dei ministri sono sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione. La sospensione si applica anche ai processi penali per fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione».

p.s. Tra le altre cose, io gli chiederei anche qualcosa del modo in cui sta vestito in questi giorni di riflessioni importanti. O in alternativa gli farei vedere la puntata dei Simpson in cui Homer entra nella Loggia degli Spaccapietre!!!

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lunedì 5 ottobre 2009

Diario di un farabutto in PiaZZa del Popolo

L’ultima volta che ero “sceso in piazza” andavo a contestare la riforma della pubblica istruzione. Era il 1997 e non sapevo quasi nulla dello “scendere in piazza” ma ero discretamente informato sulle idee del più anonimo dei Berlinguer; per intenderci è Luigi, quello in grado di fare una riforma talmente assurda da farsi cancellare dalla storia da Letizia Moratti.
I corsi autogestiti a scuola per informare i pischelli mi avevano fatto venire più voglia di cambiare il mondo che di tornare a casa a dormire, e per questo si va, si “scende in piazza”. La delusione per non essere riuscito a cambiare il mondo è arrivata fino ad oggi, ed il fatto che la Moratti, da sola, fosse riuscita a fare meglio di me e di altre duecentomila testine indemoniate (sempre i soliti 40 per la Questura) ha lasciato in me un’incazzatura tale da regalarle un pensiero, questa mattina, quando ho deciso di riaffrontare la piazza.
Senza scenderci stavolta, ma andandoci in macchina, a Roma, andata e ritorno, con un tesserino nella tasca, un part time nel cervello e la delega formale del Mercenario e del dottor Gonzo.
Per uno strano gioco di alliterazione, è stata la “Z” a dominare in questa giornata. Primo perché da tempo ero consapevole che la piaZZa non contava più un caZZo; e poi perché chiudere la giornata avendo fatto la conoscenza di Zoro mi ha ampiamente ripagato dell’andata nella capitale.
In una manifestazione che può dirsi un successo però, non tutto è stato apprezzabile.
Fischio d’inizio, Vianello regge bene allo start, la folla (ad occhio veramente enorme in un luogo non ideale a contenerla come Piazza del Popolo) è subito calda. Ci sono tutti i presupposti per partire forte, ma al pronti-via c’è subito una doccia gelata. Franco Siddi, segretario nazionale della Fnsi, riesce a presentarsi con un discorso lunghissimo, evidentemente non scritto per una manifestazione e letto con passione ma poca ars oratoria. C’è troppa carica partecipativa perché la gente si spenga, e neanche la maggior sapienza tecnica di Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale ma comunque moscio e con poco brio, riesce a calmare i bollenti spiriti dei farabutti. Pareva una disfatta, una strada in salita, ma poi arriva Saviano e la piazza esplode. Ormai fa venire i brividi anche solo a guardarlo, uno come Saviano.
Lui che quando apre bocca incanta e distrugge le coscienze di chi lo ascolta, ci mette pochi minuti a trasmettere l’emozione di essere lì a tutela di un principio irrinunciabile, un valore inquantificabile nella sua importanza.
E la giornata è già svangata.
Il resto è tutto nella genialità di Andrea Rivera, nel sospiro di sollievo nel sentire una precaria della scuola che parla un buon italiano anche davanti a tanta gente, nella meraviglia provata applaudendo per Dino Boffo (!) e condividendo il messaggio del Cdr dell’Avvenire, nell’irriverenza che ho voluto avere gridando “sai campà” all’indirizzo di Carlo Verna, segretario del sindacato giornalisti Rai, e nella sorpresa di vedere gente così attenta ed interessata in grado di non lasciarsi coinvolgere in cori da stadio. Non restava che fare il conto dei presenti e sperare che la gran massa dei politici che affolavano il retro palco non monopolizzasse i palinsesti dei Tg, dando una mano di solito bianco sui colori più accesi della partecipazione popolare.
Poi, quando tutto sembrava finito e sul palco non ci restavano che i cantanti (in stile lenti dopo una serata Techno) i due jolly della giornata: panino coa porchetta e stretta di mano con tanto di “daje” a Zoro. “Mejo de così, nun me poteva andà” Condividi