giovedì 11 novembre 2010
Il cammino di Santiago, il preso bene
Il cammino di Santiago inizia su un tappeto rosso. No, forse questo è l’epilogo di tutta la faccenda.
Il cammino di Santiago inizia in una locanda spartana, che ha come nome un chiaro quanto mai esplicito riferimento a quel tizio…come si chiamava? Ah sì, meglio conosciuto come Jim Morrison.
E’ qui che il nostro antieroe si dilettava tra una birra e una sigaretta (forse una Marlboro), a parlare di giri di basso e musica che non è più la stessa musica degl’anni ‘70. Il nostro Santiago era felice così, tra tizi vestiti in modo improbabile e piercing, tanti piercing, in posti improbabili. Non era un “preso bene” e ben se ne guardava da frequentare i “presi bene”, che nel gergo giovanile (o forse un mio neologismo, non ricordo bene), significa il camicino bianco con tanto di iniziali e aperitivi nelle zone “vip” della città, macchinone, fidanzata modella o comunque ex velina. Un giorno, forse un brutto giorno, visto il tema del nostro pseudo racconto, qualcuno propose al nostro comune amico di recarsi a Roma, per il festival del cinema. Il nostro accettò con entusiasmo. Non poteva immaginare che la sua sorte sarebbe mutata, nel momento in cui avrebbe calpestato quel maledetto manto rosso, che esiste solo per un semplice, frivolo motivo: non far sporcare le suole delle scarpe Ferragamo da euro mille, delle dive dello star system. Da lì in poi il baratro. Aperitivi, appuntamenti, iniziò a far cose e vedere gente. E a farsi foto. Foto sul red carpet. A questo punto la storia è da riscrivere, un nuovo cammino inizia per il nostro ignaro protagonista, la felicità per tutti i pr della città.
La Giovane Holden Condividi
mercoledì 10 novembre 2010
Il fascista con la pashmina
Però di fronte a questo mi sembra che qualcuno si possa anche fermare. Anzi basta con l'indignazione, il signore che vedete in questo video andrebbe trattato come si dovrebbero trattare tutti i fascisti. Il gerarca del nuovo millennio: il fascista in pashmina. So cambiati i tempi dell'uomo duro e puro, che si arrotolava le maniche e faceva la raccolta del grano. Di quello che non doveva chiedere niente, e si allenava tra passi dell'oca ed esercizi ginnici. Il fascista si adegua ai tempi, più adatto ai salotti di Barbara D'Urso che alla dimostrazione dell'italica forza. Il vicequestore Emanuele Ricifari è l'evoluzione della checca isterica, ordina la carica della polizia con la stessa voce di quando gli sbagliano il daiquiri frozen, uno che le prenderebbe anche da mia nonna quasi centenne. Si fa scudo del suo poterucolo per caricare dei manifestanti innocui. Il fascista s'è fatto Dolce e Gabbana, col suo maglioncino à la page. Uno che non si sporca di sangue ma di sauvignon dell'87. Già me lo vedo in camera da letto con la sua mistress che lo porta in giro con collare e guinzaglio mentre gode alle sculacciate.
Beh, forse l'arma dell'ironia potrebbe sembrare quella giusta per una situazione ed un tipo del genere. Ma forse per una volta meglio fermare l'evoluzione, spegnere le nostre digitali e rinunciare anche ai blog e alla cosiddetta controinformazione. Forse per una volta bisognerebbe tornare ai vecchi sistemi. Un salto nel passato che farebbe anche molto vintage.
Secondo me il "questore in questione" andrebbe trattato come si dovrebbe fare con ogni fascista...
Perché l'unico fascista buono, anche se griffato e con la pashmina, è il fascista morto!
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venerdì 15 ottobre 2010
Passato ‘o santo, passata ‘a festa
Alle prese con quel cacamento di cazzo che va sotto il nome di cambio di stagione – cosa abbastanza inutile visto che anche a gennaio vado in giro a maniche corte… – inciampo in alcune carabattole che fanno parte del mio kit estivo e mi ritrovo tra le zampe il block-notes che mi assiste negli isolati pomeriggi d’agosto. Tra prenotazioni di lettini barra ombrelloni e incpit di racconti abortiti scorgo due pagine fitte di appunti che mi ero ripromesso di utilizzare in vista di non so quale ambizione letteraria. Trattasi delle frasi “storiche”, dei tic e delle azioni con cui alcuni clienti hanno allietato il mio soggiorno estivo. Un campionario di stupidità umana dal potenziale non indifferente. Un blob che farebbe gola a Checco Zalone e a Quentin Tarantino e grottesco quanto un film di Ciprì e Maresco.
Una piccola premessa prima di immergervi nel vivo del post. Tutte – e giuro tutte – le situazioni e le parole che di seguito leggerete sono accadute e sono state pronunciate nella realtà. Solo la mancanza di un voice recorder ha impedito a chi scrive di riportarle integralmente. Ma ciancio alle bande e rock ‘n roll, folks…
C’è il tizio che arriva sgommando (e già questo basta a farmi girare le palle…) a bordo del Mercedes Classe B (valore intorno ai 20mila euro) e nasconde i due bimbi sotto i sediolini posteriori per non pagare l’euro d’ingresso. Quando gli faccio notare la presenza dei ragazzini lui candido “Ah, m’ero scurdat’ d’è criature… vabbè, mò però ‘o bagnino rimane senza mazzetta..”. E sti cazzi..?
Sempre in tema di bambini. Il cliente che entra con l’auto inzeppata di persone (ma quanti cristiani entrano in una Fiat Uno?) e ogni cazzo di volta per darsi un tono simpatico ripete le solite cinque parole: “Sconto comitiva e ridotto bambini”. Ma se ti guardo schifato e non rido un motivo ci sarà…
Poi è il turno del papà che si presenta con l’auto stracolma come se avesse appena finito di traslocare e fa: “'O dottore ha detto che i bambini devono prendere ‘nu poco d’aria. Sto ’nterr ‘a rena un’oretta mica t’aggia pavà…?”. Cassiere: “Sì, bisogna pagare lo stesso…”. Papà incazzato: “Cammurrista!”.
A proposito di gente perbene. Sotto quale voce classificare la faccia di merda con "416 bis" tatuato sul bicipite che srotola davanti alla mia faccia allibita un rotolo di 200 euro legati con l’elastico?
Il negoziatore. “Quattro lettini”. Cassiere: “24 euro”. Negoziatore: “20 euro te vann’ buono?”.
Il minaccioso: “Famme sparagnà si no vaco ‘o lido affianco…”
Il simpatico: “Cinque lettini, un ombrellone e ‘nu quarto ‘e prusutto cuotto…”
L’ammiccante. “…”. Cassiere: “Prego?”. Ancora l’occhiolino. Cassiere intuitivo: “Un lettino?”. Ennesimo occhiolino. “Cassiere scocciato: “6 euro”. Occhiolino di ringraziamento.
L’indigeno locale. “Tre lettini e nu’ mbrellone”. Cassiere: “23 euro”. Alzata di sopracciglio e minaccia enigmatica: “Ma che bbò stu pellicciuso?!”.
L’intellettuale. Kia grigia e musica celtica a tutto volume. “Certo che come arpeggiano gli irlandesi…”. Cassiere: “Eh sì, ‘o vero…”
Il geloso. Di solito parcheggia due-tre metri dopo la cassa affinché non possa incrociare lo sguardo della moglie. Una volta è capitato che la signora mi abbia rivolto un innocuo buongiorno e lui inviperito: “E’ fernuto e fa ‘a stronza o ce n’amma jì…?”
Il galante. L’anziano dai gusti ambigui che nel porgermi i venti euro mi accarezza il palmo e sussurra tutte le volte: “Che mani curate e morbide…”. Quando chi mi conosce è portato a credere che le mie mani siano solite svolgere lavori di muratura.
Il discreto: “Oggi me serve pure ‘o ‘mbrellone pecchè ‘a guagliona mia tene ‘e mestruazioni…”.
Il furbo. Domenica di luglio. Spiaggia strapiena in ogni ordine di posti. “Posso scendere un attimo per vedere se ci sono dei parenti?”. Ma il telefonino no, eh…?
La birichina. Faccia devastata dal botox e dal collagene. Ma ancora tanta voglia di emozioni forti che una domenica mattina cinguetta accompagnata dallo stereo: “I’m easy like Sunday morning...”. E riavvia l'auto non senza prima avermi lanciato un bacio e schiacciato l'occhiolino.
La sfrontata. “Uè, quanto ti pigli?”
La campeggiatrice: “Me serve ‘na brandina e ‘na seggia…”
La languida con seri problemi di vista: “Ma il cassiere più tardi non viene a rilassarsi in spiaggia…?”
L’animalista. “Oh, ma io allora non posso entrare…”. Cassiere: “Perché signora?”. Sorriso enigmatico: “Ma lì c’è scritto vietato l’ingresso ai cani”. Cassiere sempre più preoccupato: “Mi perdoni, ma non capisco”. Con estrema nonchalance: “Eh, io sono una cagna…”.
La mamma. “Giuvinò, ma è arrivata mia figlia?”. Cassiere: “Signò, che ne so.. Ha forse lasciato la prenotazione?”. Occhio perso nel vuoto: “Uh, marò, nun ‘o saccio… però vedete quella teneva la maglietta gialla e il petto grosso…”. Cassiere interessato: “Prego?”. Signora cotonata: “Eh sì, come si dice in italiano… quella tiene i seni grandi…”.
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L'estate sta finendo
Lo so che pensate: il solito vecchio pesante e noioso che odia le vacanze. Avete ragione! L'estate mi provoca una terribile sensazione di ansia e stress.
Inizia tutto dalla fine di maggio, quando i più spavaldi iniziano ad avanzare domande sul cosa farai. Io che non riesco a pensare neanche all'indomani inizio a stressarmi ma soprattutto mi annoio. Perché immancabile ti devono spiegare loro cosa hanno fatto nelle ultime 12 estati e soprattutto quale mirabolante viaggio de sta cippa stanno programmando. Gente che non si avventura neanche di giorno all'Arenaccia, programma fantasiosi viaggi in territori inesplorati. Cambogia, Vietnam, Laos, Kenya diventano mete ambiziose, e se solo ti permetti di denigrarle, vieni immediatamente bollato con l'infame marchio: TURISTA. Proprio così, loro sono viaggiatori, gente che esplora il nostro mondo (soprattutto il terzo) alla ricerca della pace interiore, di un'ispirazione divina ma soprattutto con in tasca la mastercard platinum. Il terzomondista è quasi sempre anche fotografo. Quindi la preparazione del viaggio prevede una lunga e complicata discussione su obiettivi, otturatori, diaframma e tempo di esposizione. Cazzi loro direte: vero. Se non fosse che quando tornano da sta cazzo de tre settimane, ti devono mostrare tutto il loro operato. Una galleria che se ti va di culo si ferma ai 5000 scatti ma molto più spesso li supera. Ovviamente essendo poi degli incompetenti il 90% del materiale è da bruciare alla pari del fotografo (cit.). Tentativi di cieli stellati a gogo, tramonti, albe, cattedrali di notte…alla ricerca vana del più poetico. Ma non solo. Il terzomondista e sviluppazionista c'ha pure una grande passione per i bimbi. Ed allora giù di Benetton 0-12. Attraggono i pargoli poveri e denutriti co sta Canon Reflex Minchia da 800 euri al netto di obiettivi e poi si fanno immortalare con le espressioni più cariche di pietà e carità cristiana. Ma le foto non basta perché al suo ritorno in patria, il terzomondista ha quasi l'obbligo morale di farti sentire una merda perché sei andato a rimirare culi e tette sulla spiaggia ed allora parte la solita frase: Non sai quanto sono cresciuto interiormente! Di solito significa che hanno avuto la sciorda per due settimane e tutto il movimento interiore se lo sono riportati pari pari a casa.
Ma non pensiate però che l'altro tipo di vacanza sia tanto meglio. Il Gonzo odia tutto. Figurarsi se si schiera dalla parte di Ibiza, Formentera e via discorrendo. Dall'altra parte ci sono, infatti, quelli che partono alla caccia del posto più esotico al minore prezzo. Da Scalea in giù è tutto un brulicare di perizomi e caccia aperta. Le destinazioni ormai si sono ampliate a dismisura. La cara vecchia Calabria Saudita è roba da bambini. Grecia, Croazia, Slovenia, Spagna e una puntatina di Malta ormai rientrano nel menu tipico. L'obiettivo solo uno: andare a rimorchiare. Il problema è però quello della caratura culturale e linguistica del partente. Dall'Italia partono le orde di barbari. Destinazioni Corfù, Zante e via discorrendo. Tutti alla ricerca dell'americana che deve conoscere il maschio italiano, o del biondo surfista che si deve innamorare perdutamente della fan di Gigi D'Alessio. Alla fine si finisce al solito modo. Che se gli va di culo la zamparella di turno si fa la scopatina con il 21enne dei Quartieri, quella di Ponticelli becca uno di Quarto e proprio esagerando puoi arrivare fino a Caserta o Salerno, giusto se vuoi provare il brivido dell'escursione idiomatica. Ed anche qui non mancano le macchine fotografiche. Solo che messe da parte le ambizioni alla Henri Cartier Bresson, ci si accontenta della macchina tascabile da tirare fuori in ogni circostanza. Dal risalita del fondo marino all'intervallo tra un daiquiri frozen ed una capiroska alla fragola. Bellezze al bagno, foto in ogni posizione che lo scibile umano possa prevedere, baci, abbracci e carezze: 2500 scatti da Calendario Pirelli andato a battone. E immancabile la frase dell'amico che al ritorno ti ferma e ti domanda: Oh, ma è chiavat????? Condividi
mercoledì 8 settembre 2010
Discettazioni pre-autunnali...
Finito il tempo dei cazzeggi, passiamo a cose serie e torniamo ad occuparci di libri. Agosto per chi scrive è il mese dedicato al lavoro. Così quando il resto del mondo va in vacanza e l'altra metà bestemmia perchè non ha i mezzi per farlo ed è costretta a venire da me, il Mercenario diventa produttivo e nel suo piccolo incrementa l'asfittico PIL del Belpaese. Un aiuto di cui beneficia principalmente il settore dell'editoria perchè quasi tutti i miei sudati guadagni se ne vanno in libri e solo per tale ragione Feltrinelli dovrebbe assumermi o praticarmi uno sconto dell'85% vita natural durante. Ora qualcuno tra voi potrebbe legittimamente obiettare "ma perchè compri dei libri se devi lavorare?". Domanda legittima, ma mi avvalgo della facoltà di non rispondere caso mai il principale dovesse imbattersi in queste righe...
Mai mi era capitato di leggere così tanto come quest'estate - capirete quindi quanto sia stato produttivo a lavoro... - con 6 romanzi in 28 giorni. Dopo vari rinvii per la prima volta ho letto Fight Club di Chuck Palahniuk (ancora esplosivo a 14 anni dalla pubblicazione) che non ha bisogno di presentazioni; seguito da La Traiettoria della Neve dello svedese Jens Lapidus, volume che mi ha regalato la Mondadori e che si è dimostrata la classica lettura da ombrellone m niente a che vedere con Ellroy, nè tantomeno con Larsson ai cui repertori lo scrittore attinge a piene mani (senza infamia e senza lode); la più grossa delusione è arrivata con Guida Galattica per gli Autostoppisti di Douglas Adams e di cui molti mi avevano parlato come un piccolo cult, ma che si è rivelato di un'insulsaggine senza pari; molto gradevole invece La Pattuglia dell'Alba di Don Winslow. Un noir veloce, ben strutturato, intreccio travolgente e una carrellata di personaggi che si fanno amare da subito (una garanzia!); poi visto lo stato pietoso in cui versava la mia copia ho ricomprato e (ri)letto Febbre a 90° di Nick Hornby ed anche in questo caso non c'è bisogno alcuno di presentazione visto che è un libro che dovrebbe stare negli scaffali di qualsiasi biblioteca accanto a quell'altro capolavoro che è Alta Fedeltà; infine il mese si è chiuso con Strage del maestro Loriano Macchiavelli. Il racconto dell'attentato alla stazione di Bologna che Einaudi (gran colpo) ha deciso di ripubblicare in occasione del trentennale della strage. Un libro dalla storia travagliata che fu pubblicato una prima volta nel 1990 dall'autore con lo pseudonimo di Jules Quicher, ma che restò negli scaffali meno di una settimana dato che la Rizzoli decise di ritirarlo dal mercato in seguito alla denuncia di Sergio Picciafuoco - imputato nella strage del 2 agosto - che si riconobbe in un personaggio della storia (indovina chi?). Fa bene Macchiavelli nella prefazione a ribadire che la sua opera è "Fantasia, nient'altro che ipotesi di un romanziere, basate su alcuni dati emersi nel corso delle tante indagini eseguite dai magistrati [...] Chi ritenesse di riconoscersi in uno dei tanti personaggi, uomo o donna, si tolga subito l'illusione di essere diventato un eroe da romanzo". Nonostante la precisazione è quasi impossibile sottrarsi al gioco di individuare in alcuni characters figure che hanno attraversato nel bene e nel male la Storia d'Italia. Un libro forte, provocatorio e che rievoca l'ennesima buco nero contornato di misteri dell'Italia contemporanea. Senza aver il rigore e il ritmo incalzante dell'inchiesta, ma non per questo meno coinvolgente Strage è un romanzo sulla memoria e per la memoria. Da leggere assolutamente.