sabato 17 luglio 2010

Folgorato da George



Cercavo da mesi una risposta ai miei dubbi, una certezza salvifica che potesse tirarmi via dalle tristezze quotidiane di un giornalista appassionato d’informazione e comunicazione. Ma tutto andava contro di me e mi sentivo in un vicolo cieco. La legge vigente ormai non corrispondeva quasi per nulla a quello che avevo studiato, i principi di tutto erano stati sovvertiti e la politica, quella nobile arte divenuta lavoro, era talmente lontana da quello che mi avevano detto; e quasi cominciavo a credere alle leggende retro-complottiste del disegno comunista di okkupare la scuola ma non con gli studenti… coi professori! Tutto era triste e buio, come il futuro che si riusciva ad immaginare.

Quando a un tratto è arrivato lui e tutto è cambiato. Dalle nebbie del Lago brianzolo è emerso il mio Siddharta brizzolato e mi ha mostrato la luce. Lui mi ha fatto ritrovare la fede e, in un sol colpo, anche la mia coscienza politica, la mia passione, i miei capisaldi.

Perché io ho visto George Clooney! E tutto è diventato più… niiiiitido (cit.)

Io c’ero al Tribunale di Milano, si che c’ero. E lo sentivo quell’odore di sudore dei fotografi mentre smadonnavano perché il carabiniere coglione gli impallava George: “Levatiiiii… la manooooo… levati carabiniere… ti sposti? Si sposti! Via, viaa, viaaaa, vieni viaaaaaaa. Su ma non è possibile! Ma non ci credo: c’è un mare di cellulari! Maddai, vergognateviiiii!” gridò uno dietro di me

Ero lì e non ci credevo, ma aspettavo. E le vedevo quelle signore, convocate in giudizio dal condomino del piano di sotto, che si facevano spiegare come funziona la macchina fotografica del cellulare (dal condomino del piano di sotto!). La percepivo la febbrile attesa degli schiavottelli di giornali e agenzie che, dopo mesi passati ad asciugare il moccio a Ghedini e fare gli specchietti a Nina Moric, aspettavano frementi il loro virgolettato per sentirsi, almeno per un giorno, al centro dell’attenzione del Mondo.



E il virgolettato George lo ha menato giù con un commento sulla giustizia italiana: «It's very good». E a chi gli ha chiesto se fosse la prima volta in un processo, l'attore, con un gran sorriso, ha risposto: «Sì, è la prima e spero anche l'ultima». La deposizione è durata quasi due ore, «giusto la durata di un film», ha notato al termine il giudice Pietro Caccialanza che ha faticato per mantenere l'ordine e il silenzio in aula e che alla fine ha ringraziato George per la “gentilezza”. Ma per George non è stata una giornata semplice perché in aula è stato incalzato con domande sulla sua vita personale e sulle sue relazioni. Su questo è stato chiarissimo ai microfoni dei giornalisti. «Faccio una premessa, sono venuto qui perché credo nel sistema della legge – ha detto -. Capisco che sono un bravissimo attore, ma...». George ha dribblato e sorriso. Infine, uscendo, si è rivolto ai fan e ha detto: «Potete fare le battute che volete».

Ed è un mondo diverso perché George mi ha fatto capire tante cose che non conoscevo, e che neanche il polpo Paul era riuscito a dirmi dal silenzio del suo acquario.

1. La giustizia italiana è buona, funziona. E Marcello Dell’Utri che è stato condannato in appello a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa sconterà la pena al Club Med.

2. L’immagine è fondamentale ed è per questo che Nicola Cosentino, dopo essersi dimesso dalla carica di sottosegretario all’economia a causa di un dossier falso creato per screditare l’avversario di partito Stefano Caldoro, da domani sarà, insieme con Sallusti, vicedirettore de “Il Giornale” di Vittorio Feltri.

3. E infine: tutti possono fare dell’ironia sui guai giudiziari di tutti. Anche di un semi dio come George. Per cui l’ormai ex ministro Claudio Scajola dopo essersi ri-dimesso (già l’aveva fatto quando diede del coglione a Marco Biagi) per potersi meglio difendere dall’accusa di aver acquistato una casa con soldi pubblici o di mazzette andrà a lavorare alla pari in un agriturismo cambogiano in modo che lì, tutto potrà liberamente accadere a sua insaputa.

Ora che sono illuminato vi lascio con un giochino: nel testo sopra prova a sostituire le parole “George” e “Clooney” rispettivamente con “Silvio” e “Berlusconi”. Non so voi ma io ho trovato un nuovo Presidente del Consiglio, ed è anche più bello! E la sua fica va girando nuda e io, con lui, posso anche vederla!

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martedì 13 luglio 2010

"Signora, mi spiace ma la furnacella è vietata..."

Chi lavora in spiaggia sa che il periodo peggiore non è agosto, ma le ultime due domeniche di luglio quando ai bagnanti tradizionali - quelli che cominciano a scassare il cazzo già da aprile con la tintarella perfetta - si aggregano anche le famiglie con la furnacella. What's furnacella? Ma siete peggio degli gnu! Tradizione linguistica partenopea esige che la furnacella sia associata alla brace, anche se per il sottoproletariato urbano che vede il mare una volta l'anno (e meno male che il mare non bagna Napoli...) tale strumento corrisponde al fornellino da viaggio. Gli spiriti puri adesso si chiederanno a cosa potrà mai servire un fornello elettrico o a gas (a volte mi hanno chiesto se il lido noleggiasse anche le bombole...) su una spiaggia dove già alle 11.00 la sabbia arriva a toccare anche i 45°. Ebbene sì, signori il napoletano cucina anche in spiaggia. E sapete cosa prevede il menù domenicale della famiglia verace? Il classico ruoto 'o furno, l'evergreen sasicce e friarielli, la cosuetudine delle purpette fritte dint' 'a salsa, la variante anticonformista dei puparuole dint' 'a tiella e - rullo di tamburi - 'a frittata 'e maccarune dalle dimensioni della ruota di un Range Rover! Il tutto accompagnato da abbacinanti giarrettelle di rosso sgargiante e percoche d'ordinanza.
Pagani, inchinatevi davanti alla potenza calorica della gastronomia partenopea che non si scompone davanti ai rigori dell'inverno nè alla bafogna (afa) di stagione!
Nota per i dubbiosi: se pensate che abbia esagerato, domenica prossima fatevi un giro dalle parti delle spiagge libere del litorale domizio. Po' me facite sapè...
Dì la verità - mi rivolgo a te sinistroide con la puzza sotto al naso, sì a te radical-chic di questa cippa che sorridevi maligno mentre leggevi l'elenco di prelibatezze di cui sopra - adesso non ti senti un po' frocetto mentre addenti il mezzo sfilatino tonno sgocciolato e pomodoretti e sorseggi il tuo té al ginseng a temperatura ambiente? Al tuo posto mi farei un esame di coscienza...
Dov'eravamo? Ah già, le ultime due domeniche di luglio. Bene, dal punto di vista dell'antropologia sociale aggirarsi per i lidi cittadini dev'essere un'esperienza unica che manco i migliori saggi di Malinowski e Levi-Strauss (i profani consultassero Wikipedia se non sanno di chi si parla) messi assieme potrebbero pareggiare.
A solo qualche lettino di distanza si ritrovano sotto lo stesso sole la signora ciglia finte di via dei Mille ansiosa di mettere in mostra il décolleté appena acquistato al discount del silicone, pareo Yamamay e una gamma di creme che vanno dalle bustine di gel effetto lifting all'acido ialuronico al nebulizzatore autoabbronzante per finire con il latte idradante doposole; mentre sul fronte opposto Giggino 'a locena placidamente stravaccato su un lettino d'alluminio che sembra contorcersi di dolore: panza traboccante, capello unto misto a gel, costumino extrasmall in acricilico comprato al mercatino e l'immancabile olio di mallo. Ma due persone del genere cosa potrebbero mai spartire a parte la stessa aria che respirano? Busta numero uno, numero due o numero tre? Difficile eh..? Vabbé, dai. Ma è il tatuaggio, per diana! Il livellatore sociale dei nostri giorni. La maggioranza delle donne marchiate dal tramp stamp (così si chiama il tattoo sulla parte bassa della schiena, il punto sopra le chiappe se siete gnu..) molto in voga tra le pornostar americane e anche tra le nostre signore perbene. A seconda di cosa spunta dal costume minimal si può perfino cogliere la personalità dell'esemplare femminile in questione: due ali d'angelo per la religiosa in attesa di redenzione e di qualcuno che se la scopi, una costellazione di nane per la star esibizionista-insicura in attesa di qualcuno che se la scopi e due rami di rose intrecciati per la romantica maniaca del pollice verde in attesa di qualcuno che se la scopi. Giggino sottovalutato dai più per radio che diffonde appassionanti liriche neomelodiche, è la sintesi perfetta del glocal: sul polpaccio campeggia il tribale a sottolineare le sue origini di selvaggio, sul bicipite la parola mamma per rivendicare l'appartenza al clan dominante della società.
Vedete che sapere chi erano Malinowski e Levi-Strauss alla fine può tornare utile?
Insomma, da scriverci una tesi di laurea.
A lunedì prossimo!



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