martedì 11 maggio 2010

Tortuga - Veracruz

Più passano gli anni e più Valerio Evangelisti si trasforma in re Mida. Tutto quello che scrive si traduce in record di vendite e ristampe (per la gioia dei contabili della Mondadori). Dopo aver creato il più complesso e intrigante personaggio della narrativa italiana degli ultimi vent'anni (il suo inquisitore Nicolas Eymerich regge il confronto soltanto con Dylan Dog), Evangelisti si è prima cimentato - in maniera eccellente - con la storia contemporanea del Messico e di recente con una "diade" piratesca. Avviso ai naviganti (notate la finezza, please): scordatevi i noiosi personaggi senza macchia di salgariana memoria e pure i nobili ma ingenuotti avventurieri à la Stevenson. Non c'è posto per la morale, nè per i buoni sentimenti sui brigantini che solcano il mar dei Sargassi, ma - come diceva il sempre troppo sottovalutato Thomas Prostata - solo "sangue e merda".
Tortuga e Veracruz (sequel e prequel, ma Tortuga è uscito un anno prima) sono la versione 2.0 dei Pirati dei Caraibi. Tra le mani del capitano de Grammont il clownesco Jack Sparrow verrebbe prima sodomizzato dai mozzi tredicenni e poi gettato in pasto agli squali. Con buona pace di Johnny Depp e della Disney. L'unica legge a cui obbediscono gli uomini della Filibusta è l'etica dei Fratelli della Costa, un insieme di consuetudini e tradizioni che servono a tenere un minimo d'ordine in una società governata dal caos dove la parola gerarchia viene vista come la peste.
Evangelisti - come al suo solito - è un maestro nel mescolare sapientemente romanzo storico con la letteratura di genere e nel ricreare con certosina accuratezza le atmosfere e gli scenari in cui si muovono i personaggi cui dà vita. Sullo sfondo suggestivo dei Caraibi figure storiche realmente esistite e personaggi inventati trascinano le proprie esistenze dannate. Sì, perchè non c'è redenzione tra i pirati guidati da de Grammont e Lorencillo ma spazio solo per rum, puttane e denaro. Così come non si può rimanere indifferenti davanti alla contrapposizione tra gli splendori di una natura incantevole e la cinica violenza portata da uomini che contaminano luoghi paradisiaci a furia di bestemmie e omicidi. E non si può nemmeno non notare che nell'immagine delle scatenate masnade che a colpi di grapppino abbordano lenti e opulenti galeoni spagnoli si racchiude la metafora di un capitalismo selvaggio destinato a prendere il sopravvento perchè così vuole la legge del più forte. Le ciurme piratesche vivono nel presente e per il presente, il domani è roba da borghesi sfatti e obesi. "We want it all and we want it right now" e chissenefrega delle conseguenze.
In Tortuga assistiamo alle disavventure del povero (ma non tanto...) nostromo Rogerio do Campos - ex gesuita dagli oscuri trascorsi - che all'inizio del romanzo viene risparmiato dal capitano Lorencillo in virtù delle sue conoscenze marinaresche. Una volta arruolato a forza sul Neptune, Rogerio inizia un'inesorabile discesa verso gli inferi accompagnato di volta in volta da vari "virgili". A bordo del brigantino s'imbatte nel medico di bordo Raveneau de Lussan che lo inizia agli usi della pirateria. Inizialmente Rogerio rifiuta la Weltanschauung dei Fratelli della Costa, ma poi man mano ne viene conquistato dall'ideale di potenza. Dopo una serie di peripezie passa al servizio del capitano de Grammont, mitico conquistatore di Veracruz, e qui fa la conoscenza dell'altro medico Exquemeling che invece nutre ancora qualche parvenza di cristiana pietà. In un'escalation di crudeltà gratuite e azioni al limite del macabro il protagonista della storia trova anche modo d'innamorarsi di una schiava dalla pelle d'ebano, ma dopo la spedizione di Campeche qualcosa si rompe e...
In Veracruz - in realtà primo capitolo della saga - Evangelisti racconta il ratto di Veracruz (allora capitale del Messico o Nuova Spagna) attraverso gli occhi di Hubert Macary, ufficiale in seconda prima agli ordini di Lorencillo e poi di de Grammont, che in Tortuga ha un ruolo minore. Un prequel avvincente che si avvale anche della presenza di una dark lady venezuelana, la sensualissima Gabriela Junot Vergara che - inutile sottolineare - con il suo fascino porterà lo scompiglio sui velieri. Nel corso della storia emergono le prime crepe tra i pirati e la corona francese, attriti che porteranno inevitabilmente al declino della pirateria ma che alimenteranno il mito di figure come Lorencillo e de Grammont. Condividi

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